di @ Gino Prandina

Vincent van Gogh, Campo di grano con volo di corvi, 1890, olio su tela, 50.5×103. Amsterdam, museo Van Gogh.

L’arte

Campo di grano con volo di corvi è considerato il testamento spirituale di Vincent van Gogh morto suicida all’età di 37 anni. Su un campo di grano ormai maturo incombe uno stormo di corvi neri delineati a semplici pennellate. Dal punto d’osservazione una stradina fende gli steli dorati e si perde in lontananza. I bordi del sentiero sono segnati d’erba verde. A destra il campo confina col terreno argilloso. Nel cielo plumbeo nere nubi si confondono col volo dei corvi: il cielo è animato da segni neri che sovrappongono a quelli blu scuro. Alcuni tratti più chiari, invece, segnano il vortice delle nubi

Vincent dipinse Campo di grano con volo di corvi in velocità e a densa materia pigmentosa. Il grano s’increspa per l’effetto del vento creando onde riprodotte con pennellate “a palmetta”: dense striature di colore inclinano a destra. La superficie del grano è dipinta a segni orizzontali più brevi. Le stradine sono tratteggiate a pennellate,  e uguale è la direzione dei ciuffi d’erba che cresce sul bordo.

Il paesaggio è illuminato dal sole, un sole “malato”, ormai scomparso dall’orizzonte (infatti non è rappresentato nel dipinto). La luce è insieme ovunque e in nessun posto. Il dipinto volutamente descrive un orizzonte appiattito, bidimensionale, senza profondità: il che cielo e il campo paiono sullo stesso piano.

Il dipinto, di forma rettangolare, presenta la base che misura il doppio dell’altezza: anche questo è intenzionale allo scopo narrativo. L’ampia inquadratura permette una vista panoramica sui tre sentieri che si divaricano al centro e ai lati. Il campo di grano occupa la metà del dipinto, mentre al cielo è riservata la rimanente porzione superiore. Il sentiero centrale sembra interrompersi in prossimità dell’incrocio delle diagonali del dipinto. Questa semplice suddivisione compositiva, di forte presa percettiva, è in grado di ancorare tutto il resto della composizione. Il profilo leggermente ondulato del campo trova movimento dalle diagonali dei sentieri. Le linee si sviluppano con orientamento opposto in prossimità degli angoli. Il sentiero centrale è allineato con il volo dei corvi che sale verso destra. Tutto questo rappresenta un potente asse visivo in grado di esprimere la drammatica composizione di van Gogh.

L’opera è cromaticamente suddivisa in due campiture cromatiche. Nella parte alta il cielo è freddo, marcato dal blu oltremare e dal Prussia, un blu particolarmente scuro e inquetante per la sua opacità. La parte bassa, invece, è calda, predomina il colore del grano giallo o oro, reso a pigmenti di cadmio e cromo. Le strade che fendono il grano sono brune con pennellate di verde cinabro e smeraldo. Sopra il grano volano neri corvi pronti ad avventarsi sul frutto maturo.

I contrasti di luminosità sono particolarmente intensi tra le sagome dei corvi e il colore del grano. Tra il cielo e il campo il contrasto è presente ma non così intenso. Il colore oro aranciato della coltivazione crea anche un contrasto di complementarietà con il cielo blu. In generale l’opera è caratterizzata da due zone di forte contrasto il cielo e il campo di grano.

Non vi sono documenti storici che permettano di stabilire se Campo di grano con volo di corvi sia davvero l’ultimo dipinto di van Gogh. Ma, per potente forza evocativa di uno stato d’animo tormentato, il dipinto è comunemente indicato come il testamento spirituale dell’artista. I tre sentieri che fendono il grano, secondo gli studiosi, simboleggiano le grandi alternative esistenziali che hanno pesato drammaticamente nella vita dell’Artista. Inoltre, probabilmente, anche il contrasto tra il giallo dorato e il blu scuro del cielo rappresenta la lotta tra luce e oscurità, vita e morte.

Vincent van Gogh dipinse Campo di grano con corvi nelle campagne di Auvers-sur-Oise nel 1890. A luglio dello stesso anno si sparò all’addome e morì dopo qualche giorno all’età di 37 anni.

Il tema del campo di grano maturo ben s’attaglia al discorso di Gesù ai discepoli, una sorta di doloroso presagio della Passione: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24). Il chicco di grano, piccolissimo, senza potere, abbandonato, sta  per cadere nel buio della terra. Ma solo così produrrà molto frutto, nuova vita.

Perdersi per ritrovarsi, cadere nell’oscurità e rialzarsi, fallimento dell’amore e generazione di nuova Speranza: ne facciamo esperienza ogni giorno, ogni istante dell’esistenza, nelle nostre giornate vissute a cavallo tra il desiderio di vita e l’incombere delle minacce al futuro, alla salute, alla coscienza di sè. Come nell’esempio doloroso di Maestri travolti dal male e dal dolore, come da un treno in corsa. Il benpensante parlerà di Vincent come un malato e un “cattivo maestro”… altri parleranno di un uomo che ha lottato donando alla Bellezza tutto ciò che poteva, tutto quanto gli rimaneva per vivere. La vita è tensione verso un compimento, anelito ad una realizzazione che non è il semplice “successo”:  “successo” è il participio passato del verbo “succedere” e dunque è già “passato”. e un passato non apre al futuro, anzi ne sancisce il già-fatto e il già-detto. La vera alternativa è protendersi alla vita che “scaturisce”, che “sprigiona”, pur fra ambivalenze e contraddizioni.  La vita non è un problema da risolvere, scriveva G. Marcel, ma un mistero entro cui vivere. Non siamo fatti per giudicare, imitare, talvolta con iattanza o senso di superiorità, ma ci è dato solo il tempo per coltivare, accarezzare e custodire. Morire a se stessi è negare all’ego la centralità per riappropriarsi dell’io che vive, “ex-siste” istante per istante, passo dopo passo, oscillando come lo stelo di grano, fino a che il frutto maturo si prepari a diventare cibo, vita: solo morendo porta molto frutto. La Pasqua è il Mistero della Vita racchiusa nelle parole del Vangelo di Giovanni: vi è libertà solo nel lasciarsi morire, momento per momento, fino a rivivere riscoprendosi. “Incipit vita nova”, scrive Dante. Il dolore, la fatica, i fallimenti non sono che passi in questo deserto ondeggiante di vita fra l’incombere di neri corvi… e un chicco di grano, maturato al sole, pronto a morire per dar vita. Buona Pasqua.

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