Il 25 aprile scorso, nella sua casa-atélier a San Luca di Marostica, è morto all’età di 56 anni Daniele Marcon artista, scalatore, grande viaggiatore, appassionato di culture orientali e africane. Ha convissuto per sedici anni con la SLA, (acronimo di sclerosi laterale amiotrofica), una terribile malattia dagli esiti progressivi invalidanti. La prima scoperta fu a quarant’anni, alla discesa dal Monte Bianco quando, mi disse, “caddi ma non perché fossi inciampato, ma perché la gamba destra non teneva”. Di lì a poco la diagnosi, drammatica. Daniele ha superato tutti i record, sopravvivendo alle progressive restrizioni paralizzanti, fortemente innamorato della vita, della sua missione di pittore, di sposo e padre, circondato da colleghi e amici. La sua vita assume una dimensione esemplare per questa gioia di vivere, nella mai interrotta ricerca di fede. Pur fra le condizioni che progressivamente andavano aggravando non ebbe, mai, alcun dubbio che la vita è degna di essere vissuta, è gioia, è sempre un dono di Dio. Lo Spirito in ogni respiro è la carezza del Padre, che dà senso alle innumerevoli restrizioni, anche per un corpo che vede, sente, percepisce in ogni suo centimetro, ma che nulla può agire o reagire. Recentemente, dal visore con cui scriveva col puntamento degli occhi, mi scrisse: “sto osservando l’alba dalla finestra, la luce è meravigliosa, e il silenzio è magico, tutto sembra immobile nell’attesa del nuovo giorno! Ho incominciato un nuovo lavoro, che mi stimola molto, sarà grande e colorato, un inno alla vita e alla bellezza che ogni giorno mi riempie di stupore! È per me questo il momento migliore per entrare in relazione con il Padre, sento la sua presenza, il suo amore che mi avvolge completamente e mi coccola, meraviglioso!!!”

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