INTERVISTA con la dott. SABINA SCATTOLA:

 

Perché arte e terapia?

Dopo il successo del percorso realizzato nel 2014, siamo stati incoraggiati a proseguire in questa attività a “mediazione terapeutica” esplorando in termini psicoterapeutici l’espressione grafica dei “correlativi oggettivi” rappresentati.

 

Che cosa caratterizza queste diverse identità umane? Che cosa le sostanzia?…

Fantasmi, emozioni, ricordi, desideri … Il pretesto reale, concreto, lo spunto da cui abbiamo tratto il tema è è stato ancora una volta una mostra in Basilica Palladiana “Verso Monet. Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento”, ma il lavoro è stato molto personale, e con una chiara valenza simbolica-espressiva profonda.

 

Il paesaggio interiore come metafora dunque…

E’ in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo… La vita é ciò che facciamo di essa.

I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non é ciò che vediamo, ma ciò che siamo. (F. Pessoa, Il libro dell’inquietudine, 1982)

Ognuno di noi, se pensiamo, ha un paesaggio nella mente e nel cuore. Un luogo dell’anima a cui è legato per origine o per scelta. O per tutte e due le cose.

Quali sono le ragioni che lo fanno diventare un luogo di indagine?

Nelle opere dei pazienti il paesaggio diviene spazio di vita che connette il mondo esterno con il mondo interno spesso indicibile a parole dai pazienti. Il paesaggio è sia dentro che fuori di noi e, mentre lo creiamo con la nostra immaginazione, a sua volta influenza i nostri stati d’animo, la qualità della nostra vita e la vivibilità nostra e della nostra specie.

Che cosa emerge generalmente?
I volti dei propri cari e il paesaggio attorno sono le prime immagini del mondo per chi viene alla luce. In entrambi i casi si tratta di un’originarietà affettiva, che segnerà nel profondo, generando infinite risonanze. Il legame affettivo tra persone è certamente determinante, ma lo è altrettanto quello con gli oggetti significanti del proprio paesaggio: la linea dell’orizzonte, le montagne sullo sfondo, la luce della sera, l’ombra dell’albero amico. E’ proprio un paesaggio, interno ed esterno, fatto di cose, di immaginario a dare significato e senso agli eventi e ai personaggi. I rapporti tra le persone sembrano essere sempre mediati da un paesaggio interno ed esterno che se non li determina certamente li alimenta e li anima in una continua trasformazione di pensieri e affetti.

 

L’arte come pittura dunque ma non solo…

La tecnica che sia vale del “medium pittorico” è preziosa in situazioni cliniche nelle quali la parola si rivela insufficiente a farsi intendere e comprendere o addirittura è silente. Da qui il senso di attività a “mediazione terapeutica” in cui l’espressione grafica ha per alcuni soggetti la funzione di rimpiazzare la parola stessa o far decollare un dialogo, senza spaventare l’utente rispetto ad una relazione dialogica avvertita troppo difficile da sostenere . Qui si cerca di dare figura a ciò che non riesce ad essere verbalizzato, a ciò che agisce ma è invisibile nell’individuo ma ha bisogno di una forma per esprimersi;

In che cosa consiste?

Viene offerta un’esperienza diversa da quelle che utilizzano la parola perché viene attivata la sensorialità del soggetto a partire da una sollecitazione con un oggetto concreto. Vengono chiamati in causa i cinque sensi, la capacità pre-verbale di immaginazione. Viene attivato o mobilizzato quello che Freud chiama il pensiero per immagini. L’obiettivo è rendere riappropriabile in soggetti che si trovano in panne nella loro attività di simbolizzazione primaria, il lavoro del preconscio, ovvero riattivare o rianimare processi psichici che non sono mobilizzabili e modificabili in altro modo.

Quali paesaggi vengono dipinti?

Il legame con la propria terra, la propria casa, le proprie tradizioni, ma anche l’unicità dell’esperienza di essere nel mondo.
Il paesaggio esterno, osservabile, oggettivo e tangibile che appare ai nostri sensi è sempre mediato da un paesaggio interno che ci sfugge, misterioso e nascosto, mutevole e sconosciuto che segna percorsi imprevedibili e contraddittori.

Possiamo dire che dunque che ognuno dunque dipinge il “paesaggio della propria mente”…?
Un paesaggio autobiografico, ricco di presenze, di eventi, in continua trasformazione, che viene pensato e ripensato, letto e riletto, raccontato e rappresentato in una oscillazione continua di amore e timore, desideri e avversioni, piacere e sofferenza, vita e morte. Pensare e raccontare il paesaggio, non solo per accrescere la consapevolezza del mondo e di sé, ma per costruire una realtà senza impoverirla di quella dimensione dell’immaginario e della bellezza che dà senso all’umana esistenza.

 

 

 

Tutti i dir. riserv.

 

 

Post Navigation